Esame Avvocato 2015: "presa" in pieno la traccia dell'atto di penale. Complimenti alla docente avv. Francesca Tribisonna

 Esame Avvocato 2015: il nostro Corso Intensivo ha superato se stesso "prendendo" IN PIENO la traccia dell'atto di diritto penale!

Fantastico. Un evento quasi impossibile, eppure realizzato dall'avv. Francesca Tribisonna, la nostra ottima docente della procedura penale, che segue a ruota il successo della collega, l'avv. Valeria Lai, che con grande intuito ha centrato l'argomento del parere di diritto civile. Inoltre, questo stesso argomento, del furto nel supermercato, era stato inserito nei consigli di ripasso in vista del parere di diritto penale anche dall'avv. Silvia Boggio.

Invece la traccia dell'atto di diritto civile verteva su una comparsa di costituzione e risposta, atto al quale la nostra docente del diritto processuale civile, l'avv. Cinzia Gamba, ha dedicato interamente la lezione del 9 ottobre 2015. La traccia d'esame, in particolare, richiedeva al candidato la capacità di articolare in modo corretto una serie di difese di rito e di merito e il profilo della articolazione delle difese, dal punto di vista processuale e strategico, è stato oggetto di particolare analisi durante il corso e di specifica attenzione durante le esercitazioni.

Che dire... oltre professionalità e competenza questa squadra di docenti, tutta al femminile, ha dimostrato di possedere anche doti divinatorie! 

Complimenti a tutte e un grazie di cuore per la disponibilità e la cura offerta anche quest'anno ai nostri allievi del Corso Intensivo.

Sono sicura che le doti professionali e intuitive, unite allo spirito di umanità con cui le docenti hanno guidato e incoraggiato gli aspiranti avvocati, che si sono affidati al nostro corso di preparazione all'esame, hanno fornito adeguati strumenti per affrontare e superare l'esame. Un affettuoso in bocca al lupo a tutti i nostri allievi.

Ora, volendo entrare nei dettagli della prova d'esame si può verificare come la traccia assegnata oggi quale atto di diritto penale è "davvero simile" a quella assegnata dall'avv. Francesca Tribisonna nella lezione dell’11 settembre 2015 del Corso Intensivo On Line... Giudicate voi stessi.

Questa la traccia dell'atto penale dell'esame di Stato 2015:

<Tizio, incensurato, si reca presso un supermercato dove preleva da uno scaffale una bottiglia di vino, che immediatamente nasconde sotto il giubbotto, quindi oltrepassa la barriera della cassa senza pagare ed esce dal supermercato, ma subito dopo viene fermato da un addetto alla sorveglianza che lo aveva seguito sin dal suo ingresso nell’esercizio commerciale e lo aveva visto mentre prelevava e occultava la bottiglia. L’addetto alla sorveglianza chiama la polizia e Tizio viene identificato e denunciato. Nessuno presenta querela. Tizio viene sottoposto a processo e all’esito del giudizio, viene condannato, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, ritenute equivalenti alle aggravanti contestate, alla pena di mesi 6 di reclusione ed euro 200 di multa, condizionalmente sospesa, in ordine al reato di furto aggravato di cui agli artt. 624 e 625.1, 2 e 7 c.p. per l’uso del mezzo fraudolento e l’esposizione del bene sottratto alla pubblica fede. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga l’atto ritenuto più idoneo alla difesa dello stesso.>

E, questa, quanto alle questioni di merito, la traccia assegnata nel nostro Corso Intensivo:

<Tiizio si reca all’interno di un supermercato e, dopo aver verificato la mancanza delle placche antitaccheggio nelle bottiglie di alcoolici, sottrae dai banchi di esposizione una bottiglia di whisky, occultandola all’interno del proprio zaino. Quindi, preso altresì un pacco di caffè e uno di biscotti, supera la cassa senza pagare la merce nascosta, ma esibendo e regolarmente pagando gli altri prodotti. Giunto all’esterno del supermercato, viene tuttavia immediatamente fermato dall’addetto alla sicurezza che, avvisato dalla cassiera Caia degli strani movimenti di Tizio, non lo aveva mai perso di vista, avvedendosi dell’azione furtiva e costringendolo alla restituzione del maltolto.A seguito della querela immediatamente presentata da Caia e, una volta ricostruiti i fatti, Tizio viene tratto a giudizio con l'accusa di furto aggravato dall'uso del mezzo fraudolento - considerata l'attività di occultamento posta in essere - ex artt. 624 e 625, comma 1, n. 2 c.p.

All’esito del giudizio il Tribunale condanna Tizio alla pena di cinque anni di reclusione, non riconoscendogli le attenuanti generiche a causa della ritenuta particolare gravità del fatto e dell’intensità del dolo, nonostante l’incensuratezza e il modico valore dei beni sottratti [...]. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga l’atto ritenuto più opportuno alla sua difesa.>

L'atto da predisporre era, dunque, l'appello dell'imputato da intestarsi alla Corte d'Appello di... (mentre il giudice di primo grado era il Tribunale ordinario di ... in composizione monocratica) e le questioni da affrontare erano, dunque, sostanzialmente le medesime: una possibile soluzione della traccia sarebbe, dunque, potuta partire con la trattazione di un motivo principale, avente carattere assorbente, ossia quello relativo all'esclusione delle circostanze aggravanti contestate.

In particolare, l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 2 c.p. ben poteva essere esclusa sulla base di quella pronuncia della suprema Corte a Sezioni Unite (che i nostri allievi hanno avuto modo di studiare nella sua completezza), secondo cui: " L'aggravante dell'uso del mezzo fraudolento di cui all'art. 625, comma 1, n. 2, c.p. delinea una condotta, posta in essere nel corso dell'iter criminoso, dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, volta a sorprendere la contraria volontà del detentore ed a vanificare le difese che questi ha apprestato a difesa della cosa. Tale insidiosa, rimarcata efficienza offensiva non si configura nel mero occultamento sulla persona o nella borsa di merce esposta in un esercizio di vendita self service, trattandosi di banale, ordinario accorgimento che non vulnera in modo apprezzabile le difese apprestate a difesa del bene" (Cass. pen., Sez. Unite, 18-07-2013, n. 40354).

Quindi, poteva del pari essere esclusa l'aggravante di cui all'art. 625, comma 1, n. 7, c.p. in quanto la traccia forniva gli elementi per poter sostenere che l'attività di vigilanza sui beni presenti nel supermercato aveva avuto quel carattere della permanenza, tale da consentire di ritenere che i beni oggetto della custodia non erano mai usciti dalla sfera di signoria e controllo da parte dei soggetti preposti al servizio di vigilanza e sicurezza. Sul punto, tra le tante, si poteva citare quanto affermato dai giudici di legittimità nella sentenza Cass. pen., Sez. V, 18-04-2014, n. 17407, secondo cui: "In tema di furto, l’aggravante della esposizione dei beni alla pubblica fede, di cui all’art. 625 co. 1, n. 7, c.p., non viene esclusa sic et simpliciter dalla presenza di un sistema di videosorveglianza, non costituendo quest’ultimo di per sé difesa idonea ad impedire la consumazione dell’illecito attraverso un immediato intervento ostativo. Per la esclusione della aggravante de qua, sarà pertanto necessario l’esercizio di una diretta e continua custodia sui beni da parte del proprietario o di personale addetto alla vigilanza, non rilevando in tal senso la presenza di commessi addetti alla vendita – e quindi occupati anche a servire i clienti di un esercizio commerciale – la cui funzione di vigilanza è soltanto accessoria e non presenta quel carattere della permanenza, tale da consentire di ritenere che i beni oggetto della custodia non siano mai usciti dalla sfera di signoria e controllo da parte del titolare o dei soggetti da lui preposti al servizio di vigilanza e sicurezza".

A quel punto, si sarebbe dovuto fare un passaggio ulteriore e sostenere che, una volta cadute le aggravanti contestate, la fattispecie di furto semplice ex art. 624, comma 3, c.p. tornava ad essere procedibile a querela di parte, che, nel caso concreto, non era stata sporta, essendo stata piuttosto presentata una mera denuncia. Ciò avrebbe portato, in primo luogo, alla richiesta di una sentenza di non doversi procedere per mancanza della condizione di procedibilità.

Un altro motivo, poi, avrebbe potuto riguardare, nella denegata ipotesi in cui non venissero accolte le argomentazioni precedenti, la possibile configurabilità della fattispecie di furto nella sola forma tentata ex art. 56 c.p., anziché in quella consumata così come contestata. In questo caso, il riferimento poteva essere fatto ad altra pronuncia della suprema Corte di Cassazione sempre a Sezioni Unite, che spiegava come, nel caso in cui l’azione furtiva fosse avvenuta sotto la diretta osservazione del personale preposto alla vigilanza, il delitto di furto dovesse considerarsi rimasto allo stadio del tentativo. Il riferimento è a Cass. pen., Sez. Unite, 17-07-2014, n. 52117, secondo cui: "In caso di furto in supermercato, il monitoraggio della azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza ovvero delle forze dell'ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo "in continenti", impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l'agente conseguito, neppure momentaneamente, l'autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo del soggetto passivo".

A questo punto, riqualificato il reato in forma tentata, si sarebbe dovuta domandare una riduzione di pena. Quindi, riconosciuta la penale responsabilità dell'imputato, si sarebbe potuto inserire un motivo circa la possibile concessione dell’attenuante del danno di speciale tenuità ex art. 62, n. 4 c.p., ma, visto il motivo precedente sul tentativo, si sarebbe potuto fare un passaggio ulteriore e spiegare che tale attenuante sarebbe stata compatibile anche con il riconoscimento del delitto nella forma tentata. Questa volta il riferimento era a Cass. pen., Sez. Unite, 28-03-2013, n. 28243, che ha chiarito come: "Nei reati contro il patrimonio, la circostanza attenuante comune del danno di speciale tenuità, di cui all'art. 62, n. 4, c.p., può applicarsi anche al delitto tentato, sempre che la sussistenza dell'attenuante in questione sia desumibile con certezza dalle modalità del fatto, in base ad un preciso giudizio ipotetico che, stimando il danno patrimoniale che sarebbe stato causato alla persona offesa, se il delitto di furto fosse stato portato a compimento, si concluda nel senso che il danno cagionato sia di rilevanza minima".

Quindi, per quanto concerne le conclusioni, si sarebbero potute riportare in questi termini: "previa esclusione delle circostanze aggravanti contestate, pronunciare una sentenza di non doversi procedere per mancanza della condizione di procedibilità”, “in via subordinata, previa riqualificazione del delitto contestato nella forma tentata e riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p., da considerarsi - unitamente alle circostanze attenuanti generiche, già riconosciute in primo grado - in ogni caso prevalenti sulle aggravanti contestate, contenere la pena nei minimi edittali, con la concessione dei benefici di legge se concedibili, ivi inclusa la sospensione condizionale della pena, già riconosciuta".

In alternativa, una variante - ma più incerta nelle sue argomentazioni e, dunque, da supportare adeguatamente - poteva essere quella di inserire un motivo aggiuntivo dopo la riqualificazione del delitto in forma tentata e paventare, ad abundantiam, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p. in astratto applicabile solo nell'eventualità in cui il reato risultasse integrato nella forma tentata. Si tratta, in ogni caso di un motivo che sarebbe dovuto essere trattato dopo quello sulla mancanza di querela poiché, mentre l'improcedibilità non presuppone un giudizio di responsabilità, la predetta causa di esclusione della punibilità dell'imputato presuppone la sussistenza di un reato, integrato in tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi ed esprime considerazioni attinenti alla semplice non opportunità di punire fatti non “meritevoli” di pena e si rivela, dunque, meno favorevole della precedente. Quindi, ne sarebbe derivata la richiesta di una sentenza di assoluzione per particolare tenuità del fatto.A quel punto, per chi avesse inserito anche questo motivo, la conclusione poteva essere la seguente: “previa esclusione delle circostanze aggravanti contestate, pronunciare una sentenza di non doversi procedere per mancanza della condizione di procedibilità”, “in via subordinata, previa riqualificazione del delitto contestato nella forma tentata, pronunciare sentenza di assoluzione per la particolare tenuità del fatto". "In via ulteriormente subordinata, previo riconoscimento della forma tentata e della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p., da considerarsi - unitamente alle circostanze attenuanti generiche, già riconosciute in primo grado - in ogni caso prevalenti sulle aggravanti contestate, contenere la pena nei minimi edittali, con la concessione dei benefici di legge se concedibili, ivi inclusa la sospensione condizionale della pena, già riconosciuta".

A ben vedere le due tracce erano, dunque, davvero sovrapponibili...la differenza più significativa sta nella scelta del prodotto alcoolico da sottrarre: una bottiglia di vino per i commissari dell'Esame di Stato...una di whisky per l'avv. Tribisonna. In sintesi, una semplice differenza di gradazione alcolica... Una questione di gusti!!!